Ludovica Falzini – Studio legale Limardi
La figura del gestore aeroportuale è stata caratterizzata, negli ultimi decenni, da una rapida evoluzione normativa.
Per meglio inquadrarla è necessario, quindi, tenere conto dei profondi cambiamenti che hanno interessato il settore dell’aviazione civile alla fine del XX secolo.
In primo luogo, tra il 1984 e il 1992, veniva attuata la liberalizzazione del mercato dei servizi in Europa. Ciò avveniva, in particolare, a partire dall’approvazione del Single European Act c.d. SEA (ratificato dall’Italia nel 1986), in cui gli Stati membri si impegnavano a stabilire un mercato unico europeo dell’aviazione entro la fine dell’anno 1992.
A tale approvazione hanno, quindi, fatto seguito diverse misure specifiche per il settore dell’aviazione. In particolare il c.d. “primo pacchetto” del 1987 e il “secondo pacchetto” del 1990, che miravano entrambi all’unificazione delle norme sulle tariffe e la capacità negli aeroporti, ed infine il c.d. “terzo pacchetto” (composto dai regolamenti CEE n. 2407/92, 2408/92 e 2409/92 del Consiglio, oggi sostituiti dal regolamento CE n. 1008/2008 del Parlamento europeo e del Consiglio) che, eliminando tutte le precedenti restrizioni, ha istituito un mercato unico europeo dell’aviazione.
Negli stessi anni, il mercato del trasporto aereo, subiva anche altre importanti trasformazioni. Negli anni ’90, difatti, anche il settore dell’aviazione, da sempre fortemente legato allo Stato, subiva gli effetti delle grandi privatizzazioni.
Di qui la scelta del Legislatore italiano di affidare la gestione degli aeroporti a società per azioni, come stabilito dalla legge n. 537/1993, che all’art. 10, c. 13, dispone:
“Entro l’anno 1994, sono costituite apposite società di capitale per la gestione dei servizi e per la realizzazione delle infrastrutture degli aeroporti gestiti anche in parte dallo Stato. Alle predette società possono partecipare anche le regioni e gli enti locali interessati.”
In attuazione della richiamata legge veniva poi emanato il D.M. n.521/1997 che, all’art. 2 stabilisce che: “le società di gestione aeroportuale sono costituite esclusivamente sotto forma di società di capitale, secondo la disciplina del codice civile, ed in qualità di soci possono partecipare, senza il vincolo della proprietà maggioritaria, anche le regioni, le province, i comuni e gli enti locali nonché le camere di commercio, industria ed artigianato interessati.”
Tuttavia, nonostante l’importanza di questi mutamenti, soltanto nel 2005 la figura del gestore aeroportuale trova una disciplina unitaria. La riforma del codice della navigazione, intervenuta con il D.lgs. n. 96/2005, ha infatti riorganizzato tutta la disciplina del diritto aeronautico, dandole una collocazione nella parte II del R.D. 30 marzo 1942, n. 327 (articoli da 687 a 1079).
Il decreto dà attuazione alla delega del 9 novembre 2004 n. 265, con cui era stata richiesta al Governo l’adozione di un decreto legislativo al fine di migliorare la tutela dei diritti del passeggero, nonché di semplificare e migliorare il complesso normativo dell’aviazione civile e del gestore aeroportuale, tenendo presente l’esigenza di coordinare l’ordinamento nazionale con le convenzioni internazionali in materia.
Prima della riforma, le disposizioni attinenti l’organizzazione aeroportuale andavano ricercate in fonti normative eterogenee e, a ben vedere, la figura del gestore aeroportuale non era sufficientemente delineata. In effetti, come già precisato, tale figura ha acquisito una centralità sempre maggiore solamente in tempi relativamente recenti.
Infatti, nella disciplina previgente il soggetto di riferimento dell’organizzazione aeroportuale era da individuarsi nel direttore di aeroporto, i cui compiti non erano, tuttavia, codificati in precise disposizioni. La sua funzione era, principalmente, quella di coordinare le attività aeroportuali e i diversi soggetti operanti in tale contesto, sia pubblici che privati. Il direttore di aeroporto era, a tutti gli effetti, un organo periferico del Ministero dei Trasporti e, successivamente, dell’ENAC (Ente nazionale per l’aviazione civile).
Tale figura era, quindi, inevitabilmente, destinata a subire i mutamenti sopra citati (in particolare le liberalizzazioni del trasporto aereo), che hanno portato ad una consistente diminuzione dei poteri di ingerenza dello Stato nel settore dell’aviazione.
Con il D.lgs. n. 96/2005 viene, invece, disciplinata la figura del “gestore aeroportuale” che, come stabilito nell’introdotto art. 705 del Codice della navigazione :“ … è il soggetto cui è affidato, insieme ad altre attività o in via esclusiva, il compito di amministrare e di gestire le infrastrutture aeroportuali e di coordinare e controllare le attività dei vari operatori privati presenti nell’aeroporto o nel sistema aeroportuale considerato. …”.
La gestione dell’aeroporto, come previsto dall’art. 704 del D.lgs. n. 96/2005, è affidata ad un soggetto privato (pure essendo caratterizzata anche dall’esercizio di attività pubblicistiche come, in primo luogo, quella della gestione della sicurezza), mentre la concessione è adottata, su proposta dell’Enac, con decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, nel limite massimo di durata di quaranta anni, a seguito di una selezione effettuata tramite procedura di gara ad evidenza pubblica.
La norma non disciplina, nello specifico, il procedimento di selezione, ma si limita a richiedere il rispetto della normativa comunitaria e delle norme sulla pubblicità, lasciando sostanzialmente all’Enac l’adozione di una specifica procedura di gara. Peraltro, quando competente, deve essere sentita anche la Regione o la Provincia autonoma nel cui territorio ricade l’aeroporto.
Nell’iter procedurale deve essere garantito, comunque, il rispetto dei principi comunitari, in particolare di quelli elaborati dalla Direttiva 2014/24/UE del Parlamento europeo e del Consiglio del 26 febbraio 2014 sugli appalti pubblici (ancora in fase di recepimento da parte del nostro legislatore), già delineati nella precedente Direttiva 2004/18/CE e da tempo recepiti anche nel nostro ordinamento. Nella suddetta nuova Direttiva UE è stabilito che: “L’aggiudicazione degli appalti pubblici da o per conto di autorità degli Stati membri deve rispettare i principi del trattato sul funzionamento dell’Unione europea (TFUE) e in particolare la libera circolazione delle merci, la libertà di stabilimento e la libera prestazione di servizi, nonché i principi che ne derivano, come la parità di trattamento, la non discriminazione, il mutuo riconoscimento, la proporzionalità e la trasparenza”.
Possono partecipare, a norma del comma 3 dell’art 704 Cod. Nav., anche le imprese straniere non comunitarie, soltanto però qualora lo Stato di appartenenza di queste ultime consenta a quelle italiane la partecipazione alle stesse procedure, a condizioni di reciprocità.
Il provvedimento concessorio è subordinato alla presenza di determinati requisiti oggettivi e soggettivi ed, in ogni caso, alla sottoscrizione di una convenzione tra il gestore aeroportuale e l’ENAC.
La convenzione deve indicare il termine, come minimo quadriennale, per la verifica dei requisiti soggettivi e oggettivi e delle altre condizioni che hanno determinato il rilascio del titolo, compresa la rispondenza dell’effettivo sviluppo e della qualità del servizio reso agli operatori e agli utenti alle previsioni contenute nei piani di investimento di cui all’atto di concessione. Essa deve, inoltre, contenere le modalità di definizione ed approvazione dei programmi quadriennali di intervento, le sanzioni e le altre cause di decadenza o revoca della concessione, nonché le disposizioni necessarie alla regolazione ed alla vigilanza e controllo del settore (art.704 Codice della navigazione).
Per quanto riguarda, invece, i compiti del gestore aeroportuale, questi sono stati compiutamente disciplinati nell’articolo 705. In particolare, giova ricordare, che, tra gli altri, il gestore aeroportuale: assicura il rispetto degli obblighi assunti nella convenzione con Enac; organizza l’attività aeroportuale, nonché l’efficiente ed ottimale utilizzazione delle risorse; assicura che siano presenti i necessari servizi di assistenza a terra per i passeggeri; assicura i controlli di sicurezza su passeggeri, bagagli e merci; redige la Carta dei servizi in conformità con le direttive emanate dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e dall’Enac e garantisce il rispetto dei previsti livelli di qualità dei servizi offerti all’utenza.
Appare evidente, dalla lettera della sopracitata norma, come il gestore aeroportuale rappresenti una figura complessa, essendogli attribuiti sia compiti che afferiscono alla sfera pubblicistica, come anzitutto la tutela della sicurezza, sia, allo stesso tempo, compiti prettamente imprenditoriali, quale l’organizzazione dell’aeroporto (fermo restando, peraltro, il compito di sorveglianza e controllo affidato all’Enac).
Tale complessità, unita alla necessità di richiamo e rispetto della normativa e disciplina sovranazionale (UE e Trattati internazionali), ne fanno un soggetto particolarmente esposto e condizionato dalle incertezze normative e dai ritardi nel recepimento delle norme transnazionali.
Da ciò discende la difficoltà per il gestore aeroportuale di orientarsi nelle scelte e di pianificare, con sufficiente certezza, attività e strategie imprenditoriali e commerciali, specialmente di lungo periodo.