Il D.L. 69/2013 c.d. “decreto del fare”. Incentivi in materia di energia: ecobonus e sgravi fiscali.

Pubblicato su Rivista Ambiente n.93/2013

Avv. Gianluca Limardi

Lo sviluppo dell’energia prodotta da fonti rinnovabili sembrava avere assunto un ruolo di primo piano in Italia, prendendo le mosse dalle indicazioni della Unione Europea ed in particolare dalla Direttiva 2009/28/CE. Abbiamo assistito, invece, ad una serie di stop, ripensamenti ed addirittura retromarce del nostro legislatore, che hanno imposto un brusco ripensamento per la quasi totalità dei progetti e degli investimenti relativi al settore delle rinnovabili.

Con il D.L. 69/2013,convertito in legge il 9 agosto 2013 (c.d. Decreto del Fare), il settore sembra essere tornato ad ottenere la considerazione che merita, seppure la materia necessiterebbe di essere affrontata in maniera sistematica e con provvedimenti che garantiscano regole “definitive”, in grado di tutelare investimenti a medio e, soprattutto, a lungo termine. Questo obiettivo, purtroppo, lungi dall’essere raggiunto, sembra essere ancora molto lontano.

Prima di approfondire l’analisi del nuovo provvedimento legislativo, è opportuno ripercorrere velocemente la terminologia di riferimento.

In primis con “impianto alimentato da fonti rinnovabili” s’intende l’ insieme delle apparecchiature e delle opere, funzionalmente interconnesse, finalizzate alla conversione dell’energia rinnovabile in energia elettrica. In secondo luogo il “conto termico” – espressione utilizzata per definire il Decreto del Ministero dello sviluppo economico 28 dicembre 2012- indica la disciplina incentivante interventi di piccole dimensioni, per favorire l’incremento dell’efficienza energetica e della produzione di energia termica da fonti rinnovabili. Questo incentivo rivolto a persone fisiche, condomini ed imprese viene differenziato a seconda del tipo di tecnologia impiegata e della zona climatica d’interesse. Infine “scambio sul posto” e  “ritiro dedicato” sono strumenti alternativi agli incentivi. Il primo rappresenta il meccanismo che permette di immettere in rete energia elettrica prodotta grazie ad un impianto privato, ma non immediatamente autoconsumata, per prelevarla in un secondo momento a soddisfacimento dei propri consumi. Il secondo, invece, consiste in una forma semplificata di vendita alla rete di elettricità prodotta da impianti alimentati con fonti rinnovabili.
Alla luce di queste brevi, ma necessarie puntualizzazioni, è possibile valutare l’attività svolta dal Governo italiano  che, nell’ultimo periodo, è stata caratterizzata da diversi provvedimenti, sino alla normativa oggi in esame.

In particolare, quello che interessa maggiormente ai nostri fini è il Decreto 6 luglio 2012 del Ministero dello sviluppo economico, con il quale si dava attuazione all’articolo 24 del decreto legislativo 28/2011, recante disposizioni circa l’ incentivazione della produzione di energia elettrica da impianti a fonti rinnovabili. Per mezzo di questo decreto il Ministero, oltre a definire l’ oggetto dello stesso, ossia le fonti rinnovabili diverse dal fotovoltaico, individuava diversi incentivi di cui potevano avvalersi imprese e privati, includendo tra questi anche le sopracitate modalità di scambio sul posto e  ritiro dedicato. Quest’ultimo, ad esempio, permette e assicura ancora oggi prezzi minimi garantiti al kWh immesso in rete, qualora prodotto da impianti alimentati a fonti rinnovabili con potenza attiva nominale fino a 1 MW.

Le condizioni d’incentivazione così individuate sono state in parte modificate ed innovate attraverso il D.L. 69/2013, che predispone una serie di “disposizioni urgenti per il rilancio dell’economia” ed in quest’ambito introduce diverse soluzioni fiscalmente favorevoli, sia per i produttori, sia per i privati, sia per le aziende che decidano di installare ed usufruire di impianti alimentati da fonti rinnovabili.

In particolare, i produttori potranno sceglieranno se continuare a beneficiare dei residui incentivi, senza la possibilità di cumularli con dei nuovi, oppure optare per una rimodulazione degli stessi. In quest’ultimo caso l’incentivo di cui potrebbero godere verrebbe ridotto di tanti punti percentuali quanti previsti a seconda della tipologia d’impianto, così come verrà definito attraverso un decreto da parte del Ministero della sviluppo economico in base al parere dell’ AEEG (Autorità dell’ energia elettrica e del gas). Nonostante ciò, la nuova tariffa avrebbe una durata più lunga, poiché il periodo residuo per il godimento dell’incentivo verrebbe incrementato di 7 anni (così come previsto a norma dell’articolo 3).

In merito a questa nuova disciplina si sono, tuttavia, registrati dei pareri contrari. In particolare, il Coordinamento Free (Coordinamento Sulle Fonti Rinnovabili e l’Efficienza Energetica) si è dichiarato contrario a questo tipo di rimodulazione retroattiva, ritendo che vi possano essere penalizzazioni per chi, giudicando favorevole l’attuale incentivo, decidesse di non sostituirlo. Lo stesso Coordinamento Free ha affermato, in una nota pubblicata il 18 settembre 2013: “ogni intervento che vada ad impattare sui conti economici di progetti esistenti […], agendo in modo retroattivo, introdurrebbe di fatto pesanti modifiche nel sistema di remunerazione che, insieme alle altre misure penalizzanti già emanate precedentemente (come la Robin Tax a grandi e piccoli impianti rinnovabili), metterebbe in grave crisi il settore”.

Per quanto riguarda, invece, i privati e le aziende che decidano di installare ed usufruire di impianti alimentati da fonti rinnovabili, essi potranno godere di detrazioni fiscali superiori a quelle che precedentemente erano riconosciuti: i c.d. Ecobonus. Questo strumento dovrebbe costituire, nel panorama fiscale italiano, un sistema d’incentivi di più ampio respiro e dovrebbe consentire di promuovere sia l’efficienza energetica, sia uno sviluppo economico sostenibile nel nostro Paese.

E’ stata, anzitutto, introdotta la proroga al 31 dicembre 2013, per privati e aziende, e al 30 giugno 2014, per i soli condomini, delle detrazioni Irpef del 55% per gli interventi di efficientamento energetico degli immobili, mentre la stessa percentuale è stata innalzata al 65%. Le spese che consentono l’ottenimento del bonus possono riguardare l’istallazione di pannelli solari, la sostituzione di impianti di climatizzazione con impianti dotati di caldaie a condensazione e, tra queste, sono state previste anche le pompe di calore, gli impianti geotermici e scaldacqua a pompa di calore, inizialmente escluse dalla proroga.
Il tutto è stato puntualizzato e chiarito, in maniera dettagliata, dall’Agenzia delle Entrate con la circolare n. 29/E del 18 settembre 2013.

In alternativa allo sconto appena illustrato, si può usufruire del “contributo del conto termico” che permette di coprire molteplici interventi attuati sul medesimo edificio al fine di installare impianti alimentati da fonti rinnovabili, migliorando in tal modo l’efficienza energetica.

Quello che sembra essere il prodromo di una nuova politica d’incentivazione in materia non è limitato ad interventi di carattere generale, ma coinvolge anche le singole regioni e gli enti locali. Esplicativa, a tale proposito, è la Deliberazione della Giunta Provinciale della Provincia autonoma di Trento n. 1371 del 11 luglio 2013, la quale definisce la quantità d’incentivi da destinare ad aziende e privati a favore dell’efficientamento energetico (attraverso l’Allegato B alla stessa). In questo senso attribuisce a tali soggetti incentivi del 35% per interventi realizzati su reti energetiche destinati alla realizzazione di impianti di produzione e di distribuzione di energia termica, le cui caratteristiche sono riconducibili alle tecnologie della cogenerazione, di impianti di produzione di energia da biomassa o di generatori di calore ad alto rendimento,  escludendo gli impianti alimentati a gasolio e ad olio combustibile. Per attività riguardanti gli edifici nuovi, demoliti e ricostruiti o ristrutturati, che ottengano la certificazione di sostenibilità ambientale, è previsto, invece, un incentivo pari al 30%.

Gli sviluppi legislativi fin ora analizzati, potrebbero permettere all’Italia di far ripartire, in modo abbastanza significativo, la crescita della produzione e dell’utilizzo di impianti che sfruttino energie rinnovabili, assicurando, al contempo, garanzie e strumenti di favore, tanto per i produttori quanto per privati ed aziende.
Nonostante ciò, questa materia è ancora oggetto di continue evoluzioni e modificazioni normative che lasciano aperte molteplici possibilità di variazioni (anche repentine) del sistema vigente. Ciò, ribadiamo, non garantisce né il sistema produttivo e di investimenti imprenditoriali nel settore delle rinnovabili, né i privati che decidono di puntare, a qualsiasi livello, sulla riqualificazione energetica ed ambientale. La deleteria consuetudine della c.d. legislazione d’urgenza rappresenta, anzitutto per settori nevralgici quali quello energetico (che necessita di regole certe nel lungo periodo), un limite invalicabile ed un gravissimo handicap sistemico.