Le Fondazioni di partecipazione

Di Avv. Gianluca Limardi – Studio Limardi

Articolo Pubblicato sulla rivista Filodiritto il 13 marzo 2021. Tutti i diritti sono di Filodiritto.
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La figura giuridica della “Fondazione di Partecipazione” costituisce un modello “particolare” di Fondazione, frutto della elaborazione della prassi, anzitutto notarile.

In effetti, tale modello, conosciuto anche come “Fondazione – Organizzazione”, nasce come risposta degli operatori del diritto alla inadeguatezza e/o limitatezza del modello tradizionale di fondazione, così come attualmente ancora codificato, caratterizzato dal rigido distacco dell’ente dal suo fondatore e dalla posizione subordinata della struttura organizzativa, cioè dell’organo amministrativo, rispetto allo scopo ed al patrimonio.

Secondo alcuni il fondamento normativo della Fondazione di partecipazione sarebbe rappresentato dall’articolo 12 codice civile, oggi abrogato e riportato nell’articolo 1 D.P.R. 361/2000, che prevede la possibilità di riconoscere la personalità giuridica non solo ad associazioni e fondazioni, ma anche ad “altre istituzioni di carattere privato”. Proprio questo richiamo ad “altre istituzioni” confermerebbe la possibilità di potere costituire, accanto alle figure tipiche della associazione e della fondazione, anche istituti “atipici” quale appunto la Fondazione di partecipazione.

Secondo altri, invece, non potendo l’autonomia privata creare tipologie di istituti, diverse da quelle codificate dal legislatore, dotate di rilievo reale, la Fondazione di partecipazione non potrebbe ricondursi nell’alveo di figure “atipiche”, ma dovrebbe essere, necessariamente, ricondotta a quelle della fondazione o dell’associazione riconosciuta. In particolare, essa rientrerebbe tra le fondazioni poiché è indubbio che, a prescindere dall’elemento organizzativo, presenta comunque presenti i tratti tipici dell’istituto: a) perseguimento di uno scopo di utilità sociale e comunque non lucrativo; b) vincolo di destinazione del patrimonio al raggiungimento dello scopo; c) organizzazione volta all’attuazione ed al controllo del vincolo di destinazione del patrimonio conferito.

Pertanto, la Fondazione di partecipazione sarebbe, semplicemente, una delle possibili diverse tipologie di fondazione e non anche una figura atipica, cioè un istituto autonomo di diritto privato.         

In ogni caso, a prescindere dal suo fondamento normativo, la Fondazione di partecipazione si sostanzia in un ente che realizza una forma di cooperazione senza fini di lucro (tutelato, quindi, anche dall’articolo 45 della Costituzione) e che coniuga, in un unico soggetto, l’elemento “patrimoniale” tipico delle Fondazioni, con l’elemento “personale” caratteristico delle associazioni.  

In effetti, la netta distinzione tra fondazioni ed associazioni, così come derivante dall’impostazione tradizionale degli articoli 14 e ss codice civile, sta subendo una progressiva erosione proprio a fronte di una sempre più frequente prassi che tende a creare enti “ibridi” al fine di venire incontro alle esigenze concrete che di volta in volta si presentano.

Ciò posto, è tuttavia doveroso sottolineare come, anche nell’ambito della Fondazione di partecipazione, l’aspetto patrimoniale resti essenziale. In effetti, in assenza del Fondo di dotazione l’ente stesso non può prendere vita. Questo, del resto, è l’elemento imprescindibile che la differenzia dall’associazione. 

La Fondazione di partecipazione è caratterizzata, sostanzialmente, da tre tratti comuni: 1) la presenza di una pluralità di fondatori, o comunque di partecipanti all’iniziativa, mediante un apporto non necessariamente economico ma di possibile diversa natura e, tuttavia, finalizzato ed utile al raggiungimento dello scopo prefissato; 2) la presenza di una partecipazione concreta ed attiva alla gestione della fondazione da parte di tutti i fondatori o partecipanti, attraverso la quale si stabilisce l’organizzazione e le regole di azione dell’ente in base alle esigenze dello stesso; 3) la presenza di un patrimonio che si forma progressivamente anche grazie all’intervento di soggetti conferenti diversi, e sopravvenuti, rispetto agli originari fondatori che hanno fornito la fondazione di un patrimonio iniziale, ma non autosufficiente e definitivo.

La peculiarità dell’istituto in esame deve, quindi, ricondursi alla particolare struttura dell’ente, che deve permettere, da un lato, di ricevere l’adesione di soggetti ulteriori rispetto all’originale fondatore e, dall’altro, ai c.d. “conferenti”, cioè alla pluralità di fondatori o partecipanti, di determinare i processi decisionali finalizzati all’attuazione dello scopo, in funzione del quale i conferimenti sono stati effettuati. 

La procedura di costituzione è analoga a quella della fondazione tradizionale. La differenza consiste nella circostanza che nel caso delle Fondazione di partecipazione all’atto di fondazione partecipano una pluralità di fondatori, con modalità di intervento ed attivazione stabilite di volta in volta dall’atto costitutivo, che può permettere anche “adesioni successive”, mentre nella fondazione tradizionale questa viene creata da un solo fondatore che dona, in una unica soluzione, l’intero patrimonio della stessa.

Per questa ragione la Fondazione di partecipazione è stata anche definita come “un patrimonio di destinazione a struttura aperta”. Il suo atto costitutivo, infatti, è un contratto a struttura aperta (articolo 1332 codice civile), che può ricevere l’adesione di parti diverse rispetto a quelle originarie sottoscrittrici, in un momento successivo alla conclusione dell’atto fondante.

La prassi, attraverso questo istituto, ha superato il dogma sia dell’unico fondatore, sia del distacco del fondatore dalle vicende e dalle sorti dell’ente, in favore di una sempre maggiore possibilità di interferenza rispetto ai procedimenti attuativi finalizzati al raggiungimento dello scopo per cui la fondazione è stata costituita. Ciò, in effetti, permette di garantire ai conferenti il controllo circa la reale destinazione del proprio contributo allo scopo perseguito.

Tra i membri delle Fondazioni di partecipazione si possono distinguere: 1) I “Fondatori Promotori”, cioè quei soggetti che hanno costituito la fondazione. 2) I “Nuovi Fondatori”, altrimenti detti “Partecipanti Fondatori”, cioè quei soggetti che vengono ammessi a fare parte della fondazione in un momento successivo e ciò in base ad una esplicita previsione dell’Atto costitutivo e/o dello Statuto. Possono assumere tale veste tanto le persone fisiche quanto quelle giuridiche (pubbliche o private), nonché gli enti che partecipino al fondo di dotazione ed al fondo di gestione attraverso un proprio contributo pluriennale che può essere in denaro, in beni o in servizi. 3) Gli “Aderenti” o “Partecipanti”, cioè quei soggetti che contribuiscono, anche una tantum, attraverso versamenti in denaro. 4) I “Sostenitori”, cioè quei soggetti che forniscono alla fondazione un apporto di tipo non finanziario, ad esempio attraverso la prestazione di una attività professionale di particolare rilievo. Peraltro, da alcuni commentatori questa ultima categoria non viene considerata autonoma, bensì ricompresa in quella degli Aderenti.      

Tutti questi soggetti condividono lo scopo e le finalità della fondazione e possono a quest’ultima aderire e partecipare.

Sembra potersi affermare, in buona sostanza, che la caratteristica della Fondazione di partecipazione sia costituita dalla presenza, accanto agli elementi essenziali della fondazione tradizionale, così come prevista dal Codice civile (cioè patrimonio, fondatore ed organo amministrativo – CdA), di altri e diversi soggetti, in taluni casi anche riuniti in una vera e propria assemblea (come per le associazioni), che condividendo lo scopo originario della fondazione partecipano alla sua realizzazione mediante il proprio contributo, tanto economico che operativo.

Questa tipologia di ente è aperta, quindi, alla partecipazione di “Nuovi Fondatori” o comunque di tutti quei soggetti che intendano contribuire, con l’apporto di denaro o altre utilità, al perseguimento dello scopo.

A fronte di simili peculiarità, è fuori di dubbio come l’Atto Costitutivo e lo Statuto rappresentino elementi fondamentali per la Fondazione di partecipazione. In essi vengono regolamentati il fine, ovvero i fini istituzionali, cioè lo scopo dell’ente; il patrimonio; la struttura organizzativa; le categorie di partecipazione; le forme di controllo dell’ente ed il suo scioglimento. Ciascuna Fondazione di partecipazione ha proprie specificità e caratteristiche che, appunto, sono elencate e riportate nel proprio Atto costitutivo e nello Statuto.      

Come sopra già chiarito, anche nella Fondazione di partecipazione l’aspetto patrimoniale è imprescindibile. La fondazione, infatti, nasce soltanto se al momento della sua costituzione sia presente un fondo di dotazione costituito dai conferimenti dei “Fondatori Promotori”.

In particolare, il patrimonio dell’ente è costituito da due elementi distinti.

Il Fondo Patrimoniale, che è intangibile e comprende lo stesso Fondo di dotazione (conferimento in denaro, beni immobili e/o mobili o altre conferimenti utilizzabili per il conseguimento dello scopo/i della fondazione effettuati dai Fondatori – Promotori o Nuovi – e dagli Aderenti); i beni immobili e/o mobili (che fossero pervenuti o dovessero pervenire a qualsiasi titolo alla fondazione, compresi quelli dalla stessa acquisiti se ed in quanto previsto dal proprio statuto); i contributi ricevuti dalle istituzioni nazionali, transnazionali, da enti pubblici o privati (se elargiti con espressa destinazione all’incremento del patrimonio della fondazione); la parte di rendite non utilizzata, destinata all’incremento del Fondo patrimoniale con delibera del Consiglio Generale.

Il Fondo di Gestione che, invece, può essere utilizzato e che viene, quindi, usato per la gestione della fondazione e per la sua attività corrente. Di esso fanno parte: le rendite ed i proventi derivanti dalle attività della fondazione e dal suo patrimonio; dai contributi volontari dei Fondatori (Promotori e Nuovi), degli aderenti e dei Sostenitori; le donazioni o disposizioni testamentarie non espressamente destinate al Fondo di dotazione; i contributi pubblici; i proventi derivanti da tutte le attività della fondazione, tanto istituzionali, quanto accessorie e strumentali. 

Per quanto riguarda, invece, l’altro aspetto saliente della Fondazione di partecipazione, cioè l’organizzazione dell’ente, è indubbio come i suoi organi siano dotati di rilevanti poteri amministrativi, con l’unico limite del principio di indisponibilità dello scopo (poteri, quindi, ben diversi da quelli previsti per la fondazione tradizionale).

In effetti, la posizione servente degli amministratori è stata, con la creazione di questo istituto, notevolmente riconsiderata, sia in maniera indiretta, attraverso la previsione di scopi molto generici (e, comunque, tali da garantire ai gestori ampia discrezionalità), sia direttamente, assegnando all’organo amministrativo il potere di decidere, senza previsione di criteri predeterminati nell’atto costitutivo, sia l’individuazione dei beneficiari dell’attività dell’ente, sia gli investimenti patrimoniali, sia le forme di autofinanziamento.

A bene vedere, gli unici limiti da tenere in considerazione sono quelli ineludibili direttamente correlati al principio della indisponibilità dello scopo.

In via generale, tanto maggiore è lo spazio che il fondatore o i fondatori si riservano nell’amministrazione della fondazione, tanto più ampio è il margine di discrezionalità concesso nell’atto costitutivo e/o nello statuto agli organi amministrativi.

La previsione di una simile organizzazione “aperta”, con il coinvolgendo dei “conferenti” nell’amministrazione della fondazione se, da un lato, favorisce l’esigenza di controllo rispetto all’effettivo perseguimento dello scopo e favorisce la raccolta dei mezzi per perseguirlo, dall’altro aumenta il rischio di attività autoreferenziali e del perseguimento di fini non in linea con lo scopo non lucrativo dell’ente.

Ciò chiarito, pur non essendoci coincidenza tra le varie denominazioni usate nella prassi, per indicare gli organi delle Fondazioni di partecipazione, si possono comunque individuare le figure maggiormente ricorrenti, di seguito riportate.

Il Consiglio Generale, o Consiglio di indirizzo, che ha il compito di assumere le decisioni essenziali per la vita della Fondazione. Esso è composto da un numero variabile di membri, seppure ad esso debbano necessariamente partecipare tanto i Fondatori (promotori e nuovi), quanto gli Aderenti.

Il Consiglio di Amministrazione, o Consiglio di Gestione, che, in genere, ha il compito di gestire ed amministrare la fondazione nell’ambito di quanto determinato ed indicato dal Consiglio Generale. Il tutto attraverso criteri di efficienza, efficacia ed economicità. In taluni casi, tuttavia, a tale organo vengono anche attribuiti poteri e funzioni più rilevanti, in genere riconosciuti al Consiglio Generale. E’ composto, anch’esso, da un numero variabile di membri, comunque tutti nominati dal Consiglio Generale, ed è presieduto dal Presidente della Fondazione.

L’Assemblea di Partecipazione, o Collegio dei Partecipanti, è un organo, a cui partecipano i soli Aderenti, privo di poteri di gestione e con finalità esclusivamente consultiva e di impulso.

Il Presidente della Fondazione, che presiede anche il Consiglio Generale, il Consiglio di Amministrazione ed il Collegio Scientifico, è il legale rappresentante dell’ente e, comunque, ne cura i rapporti e le relazioni in qualità di figura istituzionale di riferimento.

Il Collegio Scientifico, è un organo con finalità esclusivamente consultiva, che svolge una funzione tecnico-cognitiva rispetto alle iniziative assunte dalla Fondazione e, comunque, rispetto a qualsivoglia diversa questione per la quale il Consiglio Generale richieda un parere.

L’Organo di Sorveglianza, è un organo interno alla Fondazione, ma da essa indipendente, composto esclusivamente da rappresentanti di enti pubblici. E’ l’organo di vigilanza e controllo che verifica la rispondenza dell’attività della Fondazione alle norme di legge, allo Statuto ed al pubblico interesse. E’ un organo necessario, che può non essere presente soltanto nel caso in cui la Fondazione abbia Fondatori o Aderenti pubblici con specifiche caratteristiche.  

Il Collegio dei Revisori dei Conti, è l’organo di vigilanza della Fondazione: accerta la regolare tenuta delle scritture contabili, vigila sulla gestione finanziaria, esamina le proposte di bilancio e rendiconto, svolge ogni attività di verifica necessaria.

Le Fondazioni di partecipazione possono essere create per svolgere diverse tipologie attività: dal volontariato, alla valorizzazione di territori e beni culturali; dalla gestione di musei e biblioteche, allo sviluppo di attività teatrali e cinematografiche. Sempre senza fine di lucro e sempre nell’ottica del pubblico interesse.

Come risulta chiaramente anche da questo breve excursus, si tratta di un istituto particolarmente interessante, certamente “ibrido” (soprattutto se confrontato con quelli di natura tradizionale). Di sicuro permette di superare taluni scogli che il modello codicistico della fondazione impone. La prassi e la dottrina ritagliano angoli di diritto fuori dai canoni dell’ortodossia giuridica, in ossequio alle esigenze che l’esperienza pratica impone.