Esclusione dell’efficacia estensiva automatica del titolo esecutivo nei confronti del legale rappresentante dell’associazione non riconosciuta

Di Avv. Simone Camicia – Studio Limardi

Articolo Pubblicato sulla rivista Filodiritto il 12 dicembre 2019. Tutti i diritti sono di Filodiritto.
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Nel precedente approfondimento era stato tratteggiato il tema della responsabilità patrimoniale delle associazioni non riconosciute le quali, sebbene siano considerate dall’ordinamento soggetti di diritto distinti dagli associati (dotati di una propria organizzazione interna ed esterna, di un proprio patrimonio costituito dal fondo comune e di una propria capacità sostanziale e processuale), sono caratterizzate da una “autonomia patrimoniale imperfetta”.

L’articolo 38 del codice civile dispone che “per le obbligazioni assunte dalle persone che rappresentano l’associazione i terzi possono far valere i loro diritti sul fondo comune. Delle obbligazioni stesse rispondono anche personalmente e solidalmente le persone che hanno agito in nome e per conto dell’associazione”.

Proprio l’ultima parte del succitato articolo, che prefigura  per gli aderenti all’associazione il rischio di essere ritenuti personalmente responsabili per quelle obbligazioni assunte a nome e conto dell’associazione stessa, pone una questione di non poco conto, soprattutto considerando che la quasi totalità degli associati profonde le proprie risorse a titolo completamente gratuito.

Ovviamente tale questione assume una dimensione ancora più delicata se tali soggetti si trovino ad appartenere ad uno degli organi sociali concretamente preposti all’adozione di decisioni inerenti alle attività dell’associazione: non soltanto il presidente ma tutti coloro che in qualità di amministratori partecipano, con mansioni diverse, al compimento degli aspetti esecutivi dell’ente tra i quali la stipula di contratti, l’organizzazione di eventi, l’acquisto di beni materiali, la tenuta di registri contabili, il versamento delle imposte tanto che per ciascuna di queste operazioni potrà sorgere un certo grado di responsabilità, i cui effetti andranno a ricadere sull’associazione separatamente considerata e, in taluni casi, su coloro che individualmente vi avranno provveduto.

Da ciò ne consegue che per le associazioni non riconosciute il nostro ordinamento parrebbe aver delineato, in aggiunta a quelle responsabilità garantite dal fondo comune, una responsabilità personale e solidale di coloro i quali rivestano delle cariche nelle associazioni non riconosciute.

Ciò in linea generale ma, più nello specifico, di che tipo di responsabilità si tratta?

E poi, è da ritenersi plausibile che il nostro ordinamento non abbia applicato alcun correttivo ad una responsabilità personale automatica degli organi rappresentativi delle associazioni non riconosciute?

Una esauriente risposta a tali quesiti, oltre all’emersione di ulteriori numerosi spunti di riflessione, si rinviene nel recentissimo arresto giurisprudenziale della Suprema Corte in subiecta materia (Cass. civ. Sez. III 14-05-2019, n. 12714).

Il Supremo Collegio, all’udienza pubblica dello scorso 05 marzo 2019, è stato investito della questione giuridica scaturente da un procedimento di opposizione a precetto, promosso ex articolo 615 c.p.c., comma 1, dal presidente di un’associazione non riconosciuta il quale, in forza di un titolo esecutivo formatosi nei confronti dell’associazione dallo stesso presieduta, aveva ricevuto l’intimazione di pagamento in proprio.

Nel corso dei giudizi di merito il ricorrente aveva sempre sostenuto che, non avendo egli partecipato in proprio al giudizio di cognizione all’esito del quale era stata ex adverso ottenuta la sentenza di condanna dell’associazione, il titolo non poteva ritenersi direttamente efficace anche nei suoi confronti aggiungendo che, in detto giudizio, non era stato affatto accertato il presupposto della sua responsabilità ai sensi dell’articolo 38 codice civile, e cioè che egli aveva agito in nome e per conto dell’associazione nell’assunzione dell’obbligazione ivi azionata.

Ciononostante il Tribunale di Modena e la Corte d’Appello di Bologna, avevano respinto le richieste dell’opponente ritenendo, in buona sostanza, legittima l’estensione soggettiva dell’efficacia esecutiva del titolo posto a base del precetto opposto, basandosi sul principio della posizione di obbligato solidale del presidente per i debiti contratti dall’associazione non riconosciuta, ex articolo 38 codice civile.

Mette conto evidenziare come tale principio si poneva in aperto ed insanabile contrasto con il costante e pressoché uniforme indirizzo della Corte di legittimità la quale aveva a più riprese affermato che la responsabilità personale e solidale prevista dall’articolo 38 codice civile, di colui che agisce in nome e per conto dell’associazione non riconosciuta:

– non è collegata alla mera titolarità della rappresentanza dell’associazione, ma all’attività negoziale concretamente svolta per conto di essa e risoltasi nella creazione di rapporti obbligatori fra questa ed i terzi, con la conseguenza che chi invoca in giudizio tale responsabilità è gravato dall’onere di provare la concreta attività svolta in nome e nell’interesse dell’associazione, non essendo sufficiente la prova in ordine alla carica rivestita all’interno dell’ente (cfr., ex plurimis: Cass., Sez. L, Sentenza n. 1657 del 26/02/1985, Rv. 439631 – 01; Sez. L, Sentenza n. 5089 del 21/05/1998, Rv. 515671 01; Sez. L, Sentenza n. 8919 del 11/05/2004, Rv. 572779 – 01; Sez. 3, Sentenza n. 718 del 16/01/2006, Rv. 586777 – 01; Sez. 3, Sentenza n. 26290 del 14/12/2007, Rv. 600857 – 01; Sez. 3, Sentenza n. 25748 del 24/10/2008, Rv. 605230 – 01; Sez. L, Sentenza n. 11207 del 14/05/2009, Rv. 608156 – 01; Sez. 3, Sentenza n. 18188 del 25/08/2014, Rv. 632925 01; Sez. 6 – L, Ordinanza n. 8752 del 04/04/2017, Rv. 644059 – 01);

– non concerne, neppure in parte, un debito proprio dell’associato, ma ha carattere accessorio, anche se non sussidiario, rispetto alla responsabilità primaria dell’associazione stessa; ne consegue che l’obbligazione, avente natura solidale, di colui che ha agito per l’ente è inquadrabile fra quelle di garanzia “ex lege”, assimilabili alla fideiussione, ed è disposta a tutela dei terzi, che possono ignorare la consistenza economica del fondo comune e fare affidamento sulla solvibilità di chi ha negoziato con loro (cfr., ex plurimis: Cass., Sez. L, Sentenza n. 1655 del 26/02/1985, Rv. 439627 – 01; Sez. L, Sentenza n. 13946 del 27/12/1991, Rv. 475171 – 01; Sez. L, Sentenza n. 2471 del 04/03/2000, Rv. 534594 01; Sez. 3, Sentenza n. 11759 del 06/08/2002, Rv. 556691 – 01; Sez. 3, Sentenza n. 22982 del 07/12/2004, Rv. 578701 – 01; Sez. 3, Sentenza n. 25748 del 24/10/2008, Rv. 605230 – 01; Sez. 3, Sentenza n. 29733 del 29/12/2011, Rv. 621019 – 01; Sez. 1, Sentenza n. 12508 del 17/06/2015, Rv. 635870 01).

Secondo il Supremo consesso, infatti, ” … in virtù della distinzione soggettiva tra l’ente ed i suoi organi ed in considerazione dei presupposti della eventuale responsabilità accessoria di detti organi, il titolo esecutivo ottenuto nei confronti dell’associazione non riconosciuta non può consentire al creditore di procedere ad esecuzione forzata direttamente nei confronti dei soggetti (che si assumono) solidalmente obbligati con la stessa, senza la previa formazione di un distinto titolo esecutivo nei confronti di questi ultimi…”.

Tale principio di diritto si discosta nettamente da quanto previsto in materia di obbligazioni assunte dai soci delle società di persone i quali sono invece da considerarsi illimitatamente responsabili per i debiti sociali.

La Corte di Cassazione ha affermato in maniera netta che, con riferimento alle associazioni non riconosciute, ” … non può in alcun modo postularsi l’automatica estensione dell’efficacia esecutiva del titolo ottenuto verso l’associazione, nei confronti dei rappresentanti di questa, occorrendo il positivo accertamento, da effettuarsi necessariamente in un giudizio di cognizione, della circostanza che detti rappresentanti abbiano concretamente agito in nome dell’ente nella costituzione dello specifico rapporto obbligatorio fatto valere …”.

Per quanto concerne le associazioni non riconosciute i legali rappresentanti e, nel caso di specie, il presidente, non rispondono dei debiti dell’ente automaticamente in base a tale loro qualità. Più in particolare la responsabilità prevista dall’articolo 38 codice civile coinvolge esclusivamente coloro i quali abbiano agito in nome e per conto dell’associazione nell’ambito del singolo e specifico rapporto obbligatorio fatto valere in giudizio: essa non riguarda quindi tutti i debiti dell’ente e non si traduce in una obbligazione propria di tali soggetti ma, come già chiarito, si tratta di una obbligazione di garanzia per uno specifico debito altrui.

In concreto, nel giudizio di cognizione diretto ad ottenere il titolo esecutivo, il creditore dell’associazione non riconosciuta dovrà necessariamente convenire, oltre all’associazione, anche in proprio il soggetto che ritiene obbligato in solido, chiedendo l’accertamento della sua responsabilità solidale ed ottenere la condanna tanto dell’associazione quanto del soggetto solidalmente responsabile per la relativa obbligazione, previa allegazione e prova della sussistenza dei presupposti per siffatta responsabilità.

Nello specifico, per ottenere anche la condanna solidale del rappresentante dell’associazione in proprio, occorrerà assolvere positivamente all’onere di provare che lo stesso abbia agito in nome e conto dell’associazione per la contrazione dell’obbligazione da cui è scaturito il debito di quest’ultima.

Diversamente opinando, se il giudizio di cognizione si svolgesse esclusivamente nei confronti dell’associazione, e quindi non avesse ad oggetto l’accertamento dei presupposti sottesi alla sussistenza della responsabilità personale accessoria del soggetto che ha agito per la stessa (che andrà evocato in giudizio in proprio), il titolo esecutivo che si dovesse formare all’esito del giudizio di cognizione, non potrà che avere efficacia esecutiva esclusivamente nei confronti dell’associazione.

Conclusivamente la Suprema Corte, su tali presupposti, ha accolto il ricorso presentato dal presidente dell’associazione non riconosciuta, con conseguente dichiarazione di inesistenza del diritto di procedere ad esecuzione forzata nei confronti dello stesso sulla base del titolo formatosi esclusivamente contro l’associazione dallo stesso presieduta, affermandosi il seguente principio di diritto:  “l’efficacia esecutiva del titolo formatosi contro la sola associazione non riconosciuta in un giudizio di cognizione nel quale il creditore non abbia evocato, in proprio, anche l’eventuale soggetto responsabile in via solidale con questa ai sensi dell’articolo 38 codice civile (non essendo, quindi, sufficiente che lo stesso sia stato eventualmente evocato solo quale legale rappresentante dell’ente), al fine di ottenere l’accertamento della sua responsabilità solidale e la sua condanna, unitamente a quella dell’ente stesso, non si estende automaticamente nei confronti del predetto soggetto”.

Non può quindi revocarsi in alcun dubbio l’importanza della pronuncia di legittimità esaminata la quale, distinguendosi per chiarezza espositiva, consente agli operatori del diritto di evitare applicazioni distorte del principio dell’efficacia del titolo esecutivo nei confronti del legale rappresentante di un’associazione non riconosciuta.

Si afferma infatti che l’obbligazione non è collegata alla mera titolarità della rappresentanza dell’associazione, ma all’attività negoziale concretamente svolta per conto di essa e risoltasi nella instaurazione di rapporti obbligatori fra questa ed i terzi.

Da ciò ne consegue che, chi invoca in giudizio tale responsabilità è gravato dall’onere di provare la concreta attività svolta in nome e nell’interesse dell’associazione, non essendo sufficiente la prova della carica rivestita all’interno dell’ente.

Viene inoltre specificato che tale obbligazione non riguarda un debito proprio dell’associato, ma ha carattere accessorio, anche se non sussidiario, rispetto alla responsabilità primaria dell’associazione stessa.

Con la conseguenza che, l’obbligazione di colui che ha agito per l’ente, avente natura solidale, è inquadrabile fra quelle di garanzia “ex lege“, assimilabili all’istituto della fideiussione.

Tale principio è evidentemente posto dall’ordinamento a tutela dei terzi, i quali possono ignorare la consistenza economica del fondo comune dell’associazione non riconosciuta e fare affidamento sulla solvibilità di chi ha negoziato con i medesimi.